I Tornabuoni furono un'antica famiglia nobiliare di Firenze.
Origini e ascesa
La famiglia si chiamava anticamente
Tornaquinci ed era
arrivata a Firenze sin dal X secolo e nel XII facevano parte delle
famiglie che governavano la città quando si scelse di schierarsi contro
Federico Barbarossa. Nel
1178 ci furono scontri di piazza tra antimperiali (
Cavalcanti,
Giandonati, Tornaquinci e pochi altri) e filoimperiali (
Uberti), che vide la sconfitta dei secondi.
La famiglia si arricchì con il commercio e il cambio (attività
bancaria), arrivando ad essere inserita tra i "magnati", cioè quelle
famiglie "aristocratiche" che godevano di un certo potere economico e
anche militare. A questo erano arrivati soprattutto tramite la fortuna
commerciale, non essendo nessun Tornaquinci dichiarato cavaliere né aver
partecipato alle crociate. Fecero parte della fazione
guelfa e patirono diverse vittime durante la battaglia della
Val di Nievole dell'agosto del
1315. Con la sconfitta però della fazione
ghibellina vollero accedere alle cariche pubbliche, ma la loro ascesa politica venne presto sbarrata dalle leggi anti-magnatizie. Nel
1393
il ramo principale della famiglia, di Simone di Tieri Tornaquinci,
decise allora di cambiare nome per convenienza diventando "popolani" e
scegliendo l'appellativo di Torna-"Buoni".
Alleanza coi Medici e apogeo
Nel primo Quattrocento la famiglia fu nella rosa degli alleati fidati di
Cosimo de' Medici, ricoprono spesso cariche pubbliche manovrate nell'ombra da Cosimo stesso. Il suggello di questo patto fu il matrimonio di
Lucrezia Tornabuoni, donna estremamente colta, poetessa e tra le protagoniste della scena fiorentina dell'epoca, con
Piero de' Medici, divenuto poi Signore di Firenze alla morte del padre. Lucrezia fu la diretta responsabile dell'imparentamento dei
Medici con gli
Orsini (fece infatti sposare a suo figlio
Lorenzo, "il Magnifico",
Clarice Orsini,
scelta da lei personalmente in un viaggio a Roma), che si dimostrò poi
una delle alleanze più preziose per la casata, che fruttò in seguito
l'elezione al soglio pontificio del nipote di Lucrezia, Giovanni, poi
papa Leone X.
Crisi
Durante la rivolta contro i Medici e la cacciata di
Piero il Fatuo,
i Tornabuoni furono tra i fedeli che cercarono di difendere lo status
quo, riuscendo però, con abili mosse politiche, a non venire scacciati
dalla città, mantenendo il proprio palazzo che non venne né saccheggiato
né confiscato (e all'epoca conteneva numerose opere d'arte e una
ricchissima biblioteca).
Nel
1497 venne arrestato
Lorenzo Tornabuoni con
Niccolò Ridolfi,
Giannozzo Pucci,
Giovanni Cambi e Bernardo del Nero per il loro tentativo di preparare
un colpo di Stato per far tornare i Medici in città. I congiuranti,
apertamente accusati da
Francesco Valori, vennero tutti condannati a morte. Ma con la fine del potere di
Girolamo Savonarola (
1498) fu lo stesso Valori ad essere catturato, proprio da un Tornabuoni (Simone, con Vincenzo
Ridolfi), e poi fatto condannare a morte due anni dopo.
Nel
1522 Leonardo Tornabuoni diventa vescovo di
Sansepolcro
e con lui si apre la "dinastia episcopale" dei Tornabuoni in questa
diocesi toscana, sulla cui cattedra tra 1522 e 1598 i avvicenderanno ben
quattro esponenti della famiglia fiorentina.
Durante l'
assedio del
1530
la famiglia si trasferì precauzionalmente a Roma, nella paura di
rappresaglie del popolo. Con il ritorno dei Medici però fecero anch'essi
rientro in città. Simone venne eletto
gonfaloniere di giustizia sotto
Clemente VII.
Con la pace dei tempi del Granducato la famiglia rimase importante,
ma la loro fortuna aveva ormai iniziato una parabola discendente. Nel
1593 il palazzo familiare venne ceduto a Piero di Lorenzo Ridolfi.
Tra le personalità dei secoli successivi spiccano
Alfonso Tornabuoni,
vescovo di Sansepolcro e primo coltivatore di tabacco della regione (che venne appunto detto "erba tornabuona"), e il suo successore
Niccolò, attivamente impegnato nell'applicazione dei decreti tridentini nella sua diocesi, che resse dal 1560 al 1598.